Arianna Manzo, la fine di un calvario giudiziario lungo 17 anni: “Finalmente possiamo curarla come merita” - Il Riformista

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È l’amore che li ha spinti ad andare avanti, fino infondo, a gridare fino ad avere giustizia. E alla fine Eugenio Manzo e Matilde Memoli, genitori di Arianna, la ‘bambina di legno’, ce l’hanno fatta:

hanno firmato un accordo transattivo e il risarcimento di circa 3milioni di euro. Per riuscirci ci hanno messo 17 anni di processi, perizie mediche, udienze rinviate, giudici cambiati e soprattutto tanto dolore. Hanno firmato il documento che finalmente rende giustizia ad Arianna, tetraplegica, ipovedente e sorda per un errore medico quando aveva solo pochi mesi. Mentre impugnavano la penna non sono riusciti a trattenere le lacrime: “Per anni abbiamo visto la salute di nostra figlia peggiorare e non potevamo fare nulla perché avevamo già dato fondo ai nostri risparmi. Ora finalmente possiamo curarla”, dicono i due genitori commossi e stremati da anni di battaglie per vedersi riconosciuto un diritto.
Dopo anni di intoppi burocratici, promesse fatte e non mantenute, scioperi della fame e proteste, hanno firmato il documento davanti al presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. “È l’atto definitivo per chiudere tutto – ha detto Eugenio – Ci sembra un sogno: dopo 17 anni finalmente possiamo curare Arianna”. La storia di Arianna è nota. In tanti la conoscono come la “bimba di legno”. La piccola che oggi ha 17 anni è nata sana, è diventata tetraplegica, sorda e ipovedente per responsabilità ascrivibili esclusivamente ai sanitari che, al terzo mese di vita, le somministrarono, per quindici giorni consecutivi, un farmaco che poteva essere utilizzato solo negli adulti ed esclusivamente per indurre l’anestesia. “Quel farmaco oggi viene usato in paesi come gli Stati Uniti per indurre non l’anestesia ma la morte”, ha spiegato l’avvocato Mario Cicchetti che ha assistito la famiglia nel suo lungo percorso.
Non sono stati anni facili per la famiglia di Cava de’ Tirreni: Eugenio ha dovuto lasciare il lavoro perché Arianna ha bisogno di assistenza 24 ore su 24 e Matilde ha continuato a lavorare ma i soldi per le cure e tutte le necessità della bambina non erano mai abbastanza. Lo Stato li ha completamente abbandonati. E così hanno dovuto rimandare tante cose, cure, che avrebbero permesso ad Arianna e a tutti loro di vivere dignitosamente e fare tutto il possibile per la salute della piccola.

“Con il risarcimento compreremo per prima cosa una macchina per farla uscire perché ora non può farlo – dice Matilde soddisfatta – Poi una casa adatta a lei con una piscina per farle fare le terapie in acqua. E poi faremo tutte le terapie necessarie. Quando siamo andati negli Stati Uniti per fare delle terapie aveva avuto dei miglioramenti. Poi purtroppo ci siamo dovuti fermare perché non avevamo più la possibilità. Adesso che c’è continueremo a fare quello che ci vuole. Io ancora non ci credo: finalmente Arianna potrà vivere una vita dignitosa”.
I Manzo hanno sulle spalle la fatica di tutti questi anni che hanno sopportato con il sorriso sulle labbra e l’amore per Arianna e per suo fratello Mario nel cuore. Resta l’amarezza per aver dovuto affrontare quel calvario giudiziario senza senso. “È un sistema giudiziario che non funziona – dice l’avvocato Cicchetti – Non tanto per il secondo grado che ha seguito un corso fisiologico, quanto il primo grado. Nove anni per arrivare a una sentenza di primo grado che potesse definire una responsabilità tanto macroscopica. Questo è l’indice chiaro ed evidente di come il sistema giudiziario non risponda alle esigenze reali della gente”.
Eugenio non nasconde che negli anni ci siano stati tanti momenti di sconforto. “Ce ne sono stati tanti – racconta – Una volta c’è stata un’udienza e mi è venuto un infarto. Ci rimani male quando devi subire tante udienze e vedi che non vanno bene. Ogni volta c’era un problema, venivano rimandate udienze senza senso, a volte i convocati non si presentavano. Abbiamo perso solo tanto tempo. E intanto Arianna peggiorava”.
È stata una vittoria? “Una mezza vittoria – continua Eugenio – Abbiamo lottato tutti questi anni per i suoi diritti. Abbiamo fatto tante udienze che poi venivano rimandate di 5 o 6 mesi, un anno. Il tempo è passato così. Quando abbiamo vinto la causa in primo grado poi sono passati altri due anni per l’appello. E il tempo passava e Arianna cresceva. Purtroppo quello che si sarebbe potuto fare anche prima è stato tutto perso per strada: avremmo potuto curarla diversamente”.
La giustizia italiana ancora una volta si è manifestata in tutte le sue inefficienze abbattendosi su una famiglia coraggiosa che umilmente ha tirato avanti. È stata il dito nella piaga di un dolore enorme e di una fatica immensa per la famiglia Manzo. “In questo giudizio sono cambiati 5 giudici solo nel primo grado – spiega l’avvocato Cicchetti – Ognuno ha ricominciato tutto d’accapo per riprendere in mano il fascicolo che a volte si era anche perso. E poi ancora testimonianze, consulenze tecniche, un’esagerazione elevata all’ennesima potenza. Tempi incompatibili con le esigenze degli utenti della giustizia”.
Nonostante tutto i Manzo sorridono e guardano al futuro con grande speranza. “Noi vogliamo ringraziare il Presidente della Regione Vincenzo De Luca che ci ha dato una spinta e soprattutto il nostro avvocato che ci ha supportato e sopportato in tutti questi anni”, dice Matilde. “Voglio ringraziare anche tutti quelli che ci sono stati vicino in tutti questi anni con affetto, come la Curva Sud della Cavese che sono stati sempre sempre con noi, tutti i giorni. A Pasqua hanno portato un uovo di cioccolato ad Arianna”, le fa eco Eugenio.
“Il Presidente De Luca è una persona adorabile, una persona che pur non essendo parte di questo processo ha deciso di spendere la sua persona e il suo tempo per tentare di definire questa situazione. Gli è dovuto un atto di doverosa riconoscenza tanto che io ho fortemente voluto questo incontro che diversamente si sarebbe concluso con una firma disgiunta di questo atto transattivo e invece ci tenevo che si firmasse alla presenza del Presidente De Luca”. L’avvocato spiega ancora che nel caso specifico “si parla di un’azione civile che ha visto coinvolta solo l’azienda sanitaria, non è un’azione penale che sarebbe stata personale. Forse l’azienda conosce i nomi dei responsabili e immagino e spero che abbia adottato dei provvedimenti disciplinari nei loro confronti”.Vincenzo De Luca ha presenziato al tavolo per la firma dell’atto che ha posto fine al calvario giudiziario dei Manzo. “Sono vicende come questa che lasciano sconcertati – ha detto – Questa vicenda è iniziata 18 anni fa, ormai quella bambina è una signorina, una ragazza. Abbiamo deciso di dare una svolta a questa vicenda per ragioni di umanità evidenti. Se avessimo seguito tutto l’iter giudiziario sarebbero passati altri 20 anni. Abbiamo deciso di mettere un punto fermo perché non si può costringere una famiglia a vivere in condizioni francamente disumane e dunque abbiamo stretto i tempi e abbiamo cercato di fare la nostra parte da persone umane, non da dipendenti pubblici. Questo consentirà alla famiglia di acquistare un appartamento al piano terra, senza barriere architettoniche, consentirà alla famiglia di avere anche un’assistenza quotidiana per la ragazza, consentire a tutti loro di avere uno standard di vita accettabile. Siamo soddisfatti per questo. È stata una tragedia ma per quelle che erano le nostre possibilità abbiamo fatto di tutto per trovare una conclusione positiva”.

Fonte: Il Riformista