Disabile per un errore medico: risarcita con 3 milioni di euro

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Napoli, l’azienda sanitaria chiude anni di contese legali. Il papà di Arianna: restano le sue sofferenze

Dopo anni di dolore e di battaglie, dopo la beffa della cartella dell’agenzia delle entrate per 80 mila euro di imposta sulla sentenza di primo grado, arriva il tempo della giustizia per Arianna, per tutti «la bambina di legno»: tre milioni di euro di risarcimento per la gravissima disabilità procuratale da una decisione medica sbagliata. Il 26 aprile alle 15 negli uffici della presidenza della Regione Campania, sarà redatto l’atto transattivo, alla presenza del presidente Vincenzo De Luca. I tre milioni, gestiti da un giudice tutelare, consentiranno ad Arianna, oggi 17enne, di garantirsi cure adeguate e di vivere in una casa adatta alle sue difficili condizioni. «Finalmente — commenta il padre, Eugenio Manzo —, ma resta l’amarezza per le sofferenze che mia figlia, nata perfettamente sana, ha patito e continua a patire».

Quando aveva solo 3 mesi, nel 2005, Arianna viene portata in ospedale per una bronchiolite acuta. I medici di Cava dei Tirreni, la città in cui abita la famiglia, la trasferiscono al Cardarelli di Napoli con una diagnosi di broncopolmonite. Rimane in rianimazione per 45 giorni, in coma farmacologico. «Quando finalmente esce — ricostruisce il padre — non è più lei. Della neonata gioiosa e attiva che era, non è rimasto più niente. Bella è ancora bella, ma si è trasformata in una bambola. Immobile, come di legno». Il primo a notarlo è suo fratello, Mario, ancora oggi legatissimo ad Arianna.

Nei primi quindici giorni di ricovero al Cardarelli, le era stato somministrato un farmaco per adulti, un barbiturico utilizzato per indurre il coma o, nei paesi in cui è legale, per l’eutanasia: il tiopental sodico rende Arianna tetraplegica, sorda e ipovedente. Lo stabilisce una sentenza del settembre 2019 che ha ritenuto l’azienda sanitaria responsabile dei danni permanenti provocati alla neonata, dopo una battaglia giudiziaria e burocratica che la famiglia Manzo inizia nel 2011. Quando i genitori contattano l’avvocato Mario Cicchetti, segnalato da un’altra coppia, di Siena, che ha portato la figlia disabile nella stessa clinica americana frequentata da Arianna in uno dei molti tentativi di migliorarne la mobilità.

Sono la dedizione e l’impegno di Cicchetti a dare una svolta alla lotta dei Manzo. «Una persona stupenda, che non ha mai voluto nemmeno un euro», lo ringrazia Eugenio. E c’è voluta tutta la tenacia che la famiglia riconosce all’avvocato per superare l’ultimo ostacolo. La sentenza del 2019, infatti, riconosce il diritto al risarcimento. Ma l’ospedale si oppone e ricorre. Una situazione che espone la famiglia a enormi difficoltà economiche. E impone ad Arianna di restare chiusa in casa, per via delle sue condizioni fisiche. Fino a ora. «Arianna ha vissuto da reclusa, senza le cure di cui aveva bisogno — conclude l’avvocato Cicchetti —. Dopo undici anni di contese giudiziarie, con la firma di martedì, le viene riconosciuta dignità e restituito un futuro». La battaglia è finita.

Fonte: Corriere.it