Parto in ambulanza, tre inchieste

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Sono momenti di ansia e attesa quelli della mamma rodigina costretta il 9 gennaio a partorire in ambulanza. In questi giorni il piccolo, nato podalico con parto naturale a 26 settimane nel mezzo in corsa sull’autostrada A13 Bologna-Padova e non con un cesareo come era stato previsto dal ginecologo della
46enne di Rovigo, sarà sottoposto a nuovi esami e controlli.

I medici hanno già compreso che il neonato riporterà danni permanenti a causa del travagliato parto. Ma gli accertamenti diagnostici dovranno stabilire con certezza le lesioni subite. A preoccupare i pediatri della terapia intensiva neonatale di Padova, dove è ricoverato, non è tanto il danno funzionale alla mano, le
fratture agli arti o le ecchimosi, quanto più gli ematomi a cervello e cervelletto.
LE VERIFICHE
Oltre all’inchiesta, aperta dalla Procura di Padova dopo la denuncia della donna ai carabinieri, del caso si è interessato direttamente il governatore del Veneto Luca Zaia: la Regione, su richiesta del presidente, ha attivato una commissione di verifica. A Mario Saia, dell’Unità Governo Clinico di Azienda Zero, è stato
affidato il coordinamento dei lavori della commissione che sarà, inoltre, composta da Daniele Trevisanuto, della Patologia Neonatale dell’Azienda Ospedaliera di Padova, dall’avvocato Giacomo Vigato dell’unità Convenzioni e Assicurazioni Ssr dell’Azienda Zero e da Giuliano Carlo Zanni del reparto di Ostetricia
e Ginecologia dell’Ulss 8 Berica.
L’AVVOCATO DELLA MADRE
L’avvocato Mario Cicchetti, che segue la madre polesana, è soddisfatto: «Accogliamo con estremo favore l’iniziativa del presidente Zaia. Nelle more, attendiamo che l’Azienda rodigina, guidata dal direttore  Compostella, fornisca alla famiglia l’intera documentazione richiestagli attraverso l’attività d’indagine difensiva che questa difesa sta compiendo, non volendo ipotizzare, soprattutto dopo la manifestata disponibilità della direzione, una richiesta di sequestro alla competente Procura della Repubblica. Un dato, oltre l’assurdità accaduta, non può andare esente da censure e impone una seria riflessione a tutti coloro
che saranno chiamati ad esprimersi, oltre che alla collettività: come può la direzione generale di un nosocomio appartenente alla Regione più virtuosa in Italia in materia sanitaria, venire a conoscenza di un fatto tanto grave dopo quindici giorni dall’accaduto?».
LA REPLICA
D’altro canto il direttore Compostella replica alle accuse di ieri: «L’affermazione di ombre sulla sanità polesana, e ancora più veneta, è fuori luogo: smentita dai dati di attività e dai risultati, negli anni. Il caso in oggetto è un caso importante, fortemente impattante anche sull’opinione pubblica, perciò deve essere analizzato in tutto il suo percorso con attenzione e obbiettività. A tal fine la Direzione generale dell’Ulss 5 ha già attivato una commissione interna che deve fare chiarezza sulla adeguatezza delle scelte fatte in quel momento e in quel contesto clinico». Compostella difende la qualità della struttura: «L’ospedale di
Rovigo e l’Unità Operativa di Ostetricia e ginecologia hanno tutte le caratteristiche, le dotazioni tecnologiche, professionali (pur nella difficoltà riconosciuta a livello nazionale di reperire alcune figure specialistiche), adeguate al ruolo di Hub provinciale, grazie a una serie costante di finanziamenti e autorizzazioni regionali agli investimenti e all’assunzione del personale». Riguardo all’atteggiamento
«freddo e denigratorio» che la madre riferisce di aver subito, con una ginecologa che avrebbe minimizzato le condizioni della donna devastata dai dolori, il direttore afferma: «Mi è stato ribadito come la gestante sia stata seguita e trattata con la professionalità che il caso urgente richiedeva e con il pieno rispetto della sua persona».

Fonte: Gazzettino